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“Pare che la vita abbia avuto origine nell’acqua. Il colore dell’acquerello fa apparire l’oggetto attraverso l’acqua" (Karl Moldovan).
La pittura di Alma Olivotto si aggancia a questa esperienza: la sua accurata e seria formazione professionale, accompagnata da una cospicua sensibilità, riescono a dotare il contemplatore di branchie-organi, che lo fanno muovere negli ambienti acquosi finemente pigmentati, come sale marino nell’oceano. La capacità di riduzione di Alma Olivotto conquista
e  convince, sia nel formale che nel coloristico, seguendo il principio: “Meno dona di più”. I suoi acquerelli sono un avvenimento visivo che invita il contemplatore a lasciare la superficie per toccare profondità più vaste. Seguendo lo sguardo dell’artista…..

Konrad Planegger

 

OLTREPASSARE L’OPACITA’ DELL’ESISTENTE

Alma Olivotto affida ormai da molti anni le sue notevoli possibilità creative all’acquerello. Ha alle spalle una solida formazione culturale ed artistica, grazie alla quale ha affinato la sua tecnica pittorica, partendo dalle basi ineliminabili del disegno.
Con lei ci troviamo di fronte ad una pratica dell’acquerello inteso come una sorta di magica lente che riesce a “forare”, letteralmente, ad oltrepassare insomma l’opacità dell’esistente e a restituircene la profonda intimità o, forse ancor meglio, il segreto.
Il soggetto non è decisivo: montagne, prati, città, persone, animali diventano in ogni caso occasione di indagine, di perlustrazione di spazi, di atmosfere, di attese.
Ed è proprio questa caratteristica della sua pittura, la rabdomantica ispezione di ciò che l’immagine suggerisce, a trasformare la struttura stessa dell’impianto creativo, che finisce per assumere una poetica dimensione informale.
Attraverso la trasparenza, le trasparenze, mezzo e messaggio allo stesso tempo, la pittura di Alma Olivotto ripete le parole del poeta:
…” sotto l’azzurro fitto/ del cielo qualche uccello di mare se ne va;/ né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto:/ più in là! “.
Non è mai cioè definitivo l’approdo della visione, rimanda sempre ad altri sguardi, ad altri approfondimenti, ma, sia ben chiaro, non perché il tratto e la composizione siano per così dire leggeri (come spesso si usa dire dell’acquerello quasi ad assomigliarlo a quel vinello che si ottiene versando acqua sulle vinacce una volta tolto il mosto), bensì per la loro capacità di rappresentare una complessità che razionalmente ed emotivamente non tollera, non sopporta prigioni. La luce che permea la composizione, così come il movimento (per certi versi potremmo parlare di vero e proprio ritmo interno) che spesso viene rappresentato in essa (vedi in modo particolare  gli scorci rivelatori di città e  le mosse di cavalli in corsa) sono ottenuti sia grazie a sottili variazioni del tono del colore sia alla valorizzazione del bianco, che si intromette nel dispiegarsi delle forme.
Qui, in questa pittura, giunta ad una fase di evidente maturità espressiva e di dominio dei propri mezzi tecnici, si entra nel labirinto della visione non certo per perdersi, ma per ritrovare i sentieri perduti del paesaggio della vita, riflesso dallo specchio di questo o quel luogo, di questa o quella figura.

Mario Cossali

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